Validità della clausola “russian roulette”

Il Tribunale di Roma ha preso in esame la cosiddetta clausola “russian roulette”, affermandone la validità nell’ordinamento giuridico italiano.

Gennaio 2018

La clausola “russian roulette” ha la finalità di risolvere una situazione di stallo decisionale in ipotesi di joint ventures societarie. In applicazione di tale clausola un socio può obbligare l’altro socio a vendere la propria quota ad un dato prezzo o acquistare, al medesimo prezzo, l’altrui quota di partecipazione. Sul presupposto che il socio che riceve l’offerta può decidere se vendere la propria quota o se, in alternativa, “invertire” l’offerta al medesimo prezzo, la parte che propone per prima l’offerta si espone al rischio di essere obbligata ad acquistare la quota di partecipazione del socio o, a causa del meccanismo di inversione citato, ad uscire dalla società a fronte del pagamento del medesimo corrispettivo. Il 19 ottobre 2017 il Tribunale di Roma ha affermato la validità della clausola “russian roulette”, respingendo le argomentazioni sostenute dai ricorrenti.

È respinta, in prima analisi, l’osservazione secondo la quale la clausola sarebbe nulla per indeterminatezza dell’oggetto del contratto, dovuta al potere arbitrario di un solo socio nella determinazione del prezzo di vendita o acquisto della quota. Il Tribunale ha affermato che la facoltà di vendere, o, alternativamente, acquistare la quota di partecipazione, garantisce il bilanciamento del potere negoziale delle parti. Infatti, la parte che riceve l’offerta ha il diritto di accettare l’offerta, in caso di sottovalutazione della partecipazione, o operare un’inversione della stessa, in caso di sopravvalutazione. In virtù del predetto meccanismo è garantito il trattamento paritario tra i soci, non risultando pertanto necessaria l’equa valorizzazione della partecipazione sociale spettante al socio in caso di recesso, ai sensi dell’art. 2437-ter del codice civile.

Infine, il Tribunale di Roma ha valutato la conformità della clausola “russian roulette” rispetto al divieto di patto leonino, ex art. 2265 codice civile, in quanto la medesima non è idonea ad escludere il socio dalla partecipazione agli utili e/o dalla ripartizione del rischio d’impresa.